In questo articolo
Dopo l'Unità d'Italia, nonostante il lento consolidamento dell'industria cotoniera e degli opifici, soprattutto al nord, non si poteva ancora parlare di industrializzazione del paese prima del 1870-1880. Tuttavia, in questo periodo iniziavano a nascere le fiere di paese e poi di città, le esposizioni, la nascita di scuole specialistiche e di "alfabetizzazione grafica". Per esempio, nell'Esposizione italiana del 1861 tenutasi a Firenze, viene sancito un carattere legato ai tessuti e ai prodotti alimentari, mentre quella di Milano del 1881 è incentrata sull'industria meccanica e le grandi costruzioni navali e ferroviarie; a Torino, nel 1898, emergono le applicazioni elettriche e nel 1902 viene lanciata l'avanguardia liberty con le sue espressioni floreali.
Dire artigianato significa poi aprire molti settori: dalla ceramica alla gioielleria e ai tessuti, dagli argenti alla sartoria e agli accessori, dagli strumenti musicali ai presepi, dal vetro al mosaico e al ferro battuto; difficile trarne un bignami, ci ha provato, tuttavia, il fotografo Dario Garofalo, con la pubblicazione "Italia su misura", voluta dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte insieme all’Associazione Osservatorio dei Mestieri d’Arte ( OmA) e supportata dalla maison di orologeria Vacheron Constantin, un libro in cui il fotografo immortala volti, mani e strumenti dei maestri d’arte svelando la grande tradizione che viene tramandata ed impressa nella storia.
Icona dell'artigianalità declinata al design della moda è il marchio del cappello di Giuseppe Borsalino, chiamato "u siur Pipen", nato ad Alessandria nel 1834. Dopo un'esperienza come garzone e poi apprendista nella sua città, lavora per circa sette anni nel cappellificio Berteil in Rue du Temple a Parigi, ottenendo la qualifica di Maestro Cappellaio.
Cambiano completamente i materiali, tra gli ateliers degli artigiani italiani, spicca la Bottega Prata, nata dall'amore di Antonio Prata per il ferro: plasmarlo, imporsi su questo metallo così freddo, duro, faticoso anche da manipolare, se non a caldo: per Antonio Prata la scintilla della passione è scattata subito e così ancora bambino, Antonio va ad imparare il mestiere nella provincia tra Bologna e Ferrara dove lavora come operaio nella migliore bottega di ferro battuto.
E ancora il liutaio Gio Batta Morassi con cui inizia la dinastia dei Morassi, che ha dato e dà voce agli strumenti musicali contemporanei fra i più prestigiosi al mondo. Giovanissimo Gio Batta negli anni Cinquanta frequenta a Cremona la Scuola di Liuteria. Ben presto però si accorge come la liuteria cremonese non riesce a riprendere i fasti della sua antica tradizione. Gio Batta è convinto che solo nella ricerca e nella sperimentazione è possibile trovarne i fondamenti. Per lui la tradizione è memoria attiva cui attingere per comprendere quali potenzialità siano ancora presenti nel passato. Ha così fondato l’Associazione Liuteria Italiana (A.L.I.) che riunisce i migliori Maestri Liutai Italiani.
Fin dall’alto medioevo anche a Milano sono attivi molti maestri artigiani esperti invece nella lavorazione dell’oro, come testimonia la stessa toponomastica della città: la storica via degli Orefici era una delle loro sedi privilegiate. Una maestria che si perpetua dall’altare d’oro di Sant’Ambrogio alla grande oreficeria religiosa, fino ai sofisticati atelier dei numerosi gioiellieri contemporanei. Un’altra tradizione che ha storiche radici nel territorio milanese è poi quella dell’argento. Alcune botteghe eccellenti attive dagli inizi del Novecento portano avanti, tra savoir-faire e design, le ardue tecniche del cesello, dello sbalzo, dell’incisione e della battitura in lastra.
Ma l’Italia vanta una tradizione orafa tra le più antiche, sicuramente precedente all'oreficeria milanese, una tradizione che affonda le sue radici nell’epoca degli Etruschi e raggiunge la sua più alta espressione durante il Rinascimento, presso le splendide corti dei signori italiani. Sotto la signoria medicea nascono a Firenze le caratteristiche botteghe orafe di Ponte Vecchio. Oggi il know-how e la tradizione sposano la ricerca e il design contemporaneo, rendendo i laboratori di gioielleria e argenteria fiorentini un punto di riferimento conosciuto in tutto il mondo. Citiamo, tra le molte oreficerie fiorentine, Ponte Vecchio Gioelli, dove l’armonia delle proporzioni e lo spirito creativo si rivelano in ogni
prezioso dettaglio. A partire dalla semplicità stilistica del proprio
logo che, con la rappresentazione dei tre celebri archi del Ponte
Vecchio, è in grado di veicolare in tutto il mondo il suo splendore.
Passando poi alla “sgriffatura”, un antico traforo inventato da
Benvenuto Cellini per donare più luce alle pietre, che la firma ha fatto
sua reinterpretandola con il tocco della propria personalità. Oppure la
caratteristica “punta” del gambo degli anelli, che conferisce a ogni
gioiello un inconfondibile equilibrio di forme e rende uniche le
creazioni Ponte Vecchio Gioielli.